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LA PERONOSPORA DELLA PATATA E L’IMPLICAZIONE DELLA GRANDE CARESTIA IRLANDESE

Tempo fa abbiamo sentito parlare di Xylella fastidiosa, il micidiale batterio che ha colpito gli ulivi in Puglia, e di come è stato in grado di modificare il paesaggio e gli aspetti sociali ed economici di un’intera regione. Episodi come quello che abbiamo recentemente vissuto si sono verificati più volte nel corso del tempo e, spesso, hanno condizionato in modo determinante la nostra storia.

Quella che vi stiamo per raccontare è la storia di un patogeno il cui nome, che deriva dal greco, significa letteralmente “distruttore delle piante”.

La temibile peronospora della patata, Phytophthora infestans (Phyto=pianta, Phthora=distruttore), ancor oggi viene ricordata per il suo ruolo importante e decisivo nella Grande Carestia Irlandese.

Conosci il tuo nemico

La peronospora della patata (P. infestans) è un microrganismo patogeno delle piante appartenente alla classe degli oomiceti e, in sostanza,un tipo di muffa in grado di produrre zoospore flagellate. Attacca diverse specie vegetali ma ha una particolare predilezione per le solanacee, come la patata, i pomodori e le melanzane, sulle quali causa danni che hanno ingenti risvolti economici. 

Sulla patata i sintomi si manifestano sia sui tuberi con la formazione di aree scure che necrotizzano e marciscono, che sulle foglie, dove compaiono macchie verdi-brunastre.

La formazione e diffusione delle zoospore del patogeno avviene proprio sulle foglie; infatti, quando le macchie verdi-brunastre sono ormai accentuate, nella pagina inferiore si forma una muffetta bianca, munita degli organi che provvederanno alla diffusione delle zoospore e di conseguenza anche dell’infezione. Tuttavia, la sintomatologia delle foglie è influenzata da fattori climatici che possono regolarne la gravità: temperatura, umidità e intensità luminosa giocano un ruolo fondamentale.

La diffusione delle zoospore avviene attraverso il vento, gli insetti o un velo d’acqua. Una volta raggiunto l’ospite penetrano all’interno attraverso gli stomi (piccolissime aperture poste nella pagina inferiore delle foglie che favoriscono l’ingresso dell’anidride carbonica). Questa fase delicatissima è favorita da temperature superiori a 10°C e con condizioni di bagnatura superiori alle 10-12 ore.

La peronospora si può diffondere anche per germinazione diretta dello zoosporangio, quella struttura a sacco che raccoglie le zoospore. In questo caso la temperatura ideale per la germinazione si attesta intorno ai 24°C.

Attacchi di grave intensità si verificano quando l’umidità dell’aria è particolarmente elevata e quando le piogge si susseguono per più giorni lasciando sulle piante un costante velo d’acqua.

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Gli effetti di P. infestans sul tubero di patata. Foto by APS Publications

Una spora può cambiare il mondo

L’arrivo della peronospora in Irlanda ha contribuito all’accrescersi di una delle più grandi carestie e migrazioni che si sono registrate nel corso della storia: la Grande carestia irlandese.

Tra il 1845 e il 1849 la popolazione irlandese ebbe modo di sperimentare fame e indigenza per cause politiche, economiche e demografiche alle quali si sommò lo sfortunato arrivo della peronospora. Nel 1845 colpì circa 1/3 del raccolto e nell’anno successivo lo distrusse completamente.

Ma come ha potuto fare la peronospora a causare un tale danno?

Ovviamente, colpendo la patata!

La patata arrivò in Irlanda intorno al 1590 e inizialmente veniva coltivata principalmente nella provincia sud-occidentale. Ben presto si diffuse in tutto il paese diventando la coltura eletta dal popolo irlandese: la sua coltivazione richiedeva meno terreno rispetto ad altre ed era in grado di garantire un appropriato sostentamento alimentare. La patata divenne ben presto l’alimento base della popolazione più povera insieme ad alcuni prodotti ricavati dall’allevamento di bestiame, come il latte. Cereali ed altri prodotti risultavano troppo costosi rispetto al tubero e, chiaramente, necessitavano di più terreno per accrescersi e garantire una certa resa ad ettaro.

Nel corso del tempo si diffusero nuovi tipi di patate che garantivano una produttività maggiore; tra queste va sicuramente ricordata la patata Lumper, che veniva riprodotta di stagione in stagione riutilizzando parti delle stesse patate. 

Tuttavia, nonostante garantisse raccolti maggiori, la Lumper si rivelò particolarmente suscettibile all’infezione causata dalla peronospora. Inoltre, il metodo di riproduzione delle patate rappresentava un grande punto a favore per il patogeno: riproducendo i tuberi attraverso parti degli stessi (spesso già infetti) si contribuiva a diffondere la peronospora anche sulle nuove colture.

Trovando terreno fertile, la malattia si diffuse senza alcun problema devastando i raccolti che arrivarono ad essere praticamente nulli. Non c’era nulla da mangiare e gli altri beni alimentari come i cereali erano destinati all’esportazione in Inghilterra e non all’autoconsumo della popolazione irlandese.

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Statua commemorativa a Dublino, Irlanda. Fonte: depositphotos.com

Il momento della carestia

La Grande carestia raggiunse il suo picco massimo nel 1847, anche definito come l’“anno nero”, in cui si stima che morirono circa mezzo milione di persone. Già nel 1740-1741 l’Irlanda aveva sofferto la carestia e negli anni a seguire l’evento si sarebbe ripetuto nel 1879 ma, fortunatamente, con esiti più blandi rispetto alle precedenti.

Non si moriva solo di fame! La peronospora contribuì anche alla diffusione di altre malattie come il tifo, la dissenteria e lo scorbuto. Tutto questo comportò la morte di decine di migliaia di persone, contribuendo a una situazione sensibilmente drammatica. 

Nonostante ciò, l’esportazione di cereali ed altri prodotti alimentari continuava senza alcuna sosta verso l’Inghilterra perché  il governo, nonostante fosse al corrente della situazione irlandese, aveva deciso di non bloccare gli approvvigionamenti. Questo atteggiamento inglese sarebbe passato alla storia come il “Laissez-faire”, alla base del quale c’era la convinzione che il catastrofico evento avrebbe regolato il tasso demografico che aveva subìto una grande impennata negli ultimi anni.

Tuttavia, alcuni proprietari terrieri inglesi cercarono di aiutare i contadini affamati, ormai senza lavoro, tramite lavori di pubblica utilità per pochi spiccioli al giorno. I più poveri vennero ospitati nelle cosiddette workhouses, strutture che in passato erano rimaste quasi inutilizzate e che ora superavano la loro capienza massima. Anche in questo caso bisognava impegnarsi in lavori di pubblica utilità come, ad esempio, la costruzione dei tipici muretti a secco irlandesi o la rimozione di pietre dalle strade.

Si stima che tra il 1845 e il 1849 quasi un milione di persone perse la vita per la fame o per altre malattie scaturite dalla carestia.

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Statue commemorative a Dublino, Irlanda. Fonte: depositphotos.com

Le conseguenze della carestia

Oltre all’elevata mortalità, anche l’emigrazione fu una conseguenza inevitabile della carestia 

Circa due milioni di sopravvissuti lasciarono il paese dirigendosi verso gli Stati Uniti dove formarono la loro comunità. Tanti altri si diressero in Inghilterra, Galles e nelle colonie del Canada. Un vero e proprio esodo composto da persone allo stremo e fortemente provate, ma motivate dalla necessità di sfuggire alla fame e dalla forte speranza di poter avere una vita migliore.

La Grande carestia è un evento storico che ha scosso fortemente la comunità irlandese. Al giorno d’oggi quello che ci rimane è la memoria storica derivante dai vari monumenti commemorativi che sono stati eretti in tutto il paese. Parchi, statue, canzoni, poesie e scritti ci ricordano quel periodo tragico che ci dovrebbe far riflettere.

L’origine del distruttore delle piante

Ma come ha fatto Phytophthora infestans a giungere su suolo irlandese? 

L’origine geografica del genotipo che ha causato questo devastante focolaio rimane controversa, così come il centro di origine della specie stessa nel Nuovo Mondo. Sono stati proposti sia il Messico che il Sud America, generando notevoli polemiche. Numerose ricerche sono state condotte su un prezioso elemento che può raccontarci la storia del patogeno, il suo DNA. Secondo uno studio pubblicato su Molecular Biology and Evolution pare che il DNA della specie che ha causato i focolai in Irlanda nel 1845 sia ora estinto. Sono stati quindi ipotizzati due scenari.

  • Nella prima ipotesi che individua l’origine in Messico, nello specifico nella valle di Toluca, negli altopiani del Messico centrale, sono state osservate popolazioni geneticamente diverse e che si riproducono sessualmente. È stato accertato che esistono geni di resistenza contro P. infestans in specie di patate selvatiche messicane come Solanum demissum. Inoltre, i parenti più stretti di P. infestans ancora identificati (P. ipomoeae e P. mirabilis ) sono endemici in Messico.
  • Tuttavia prove convincenti hanno consentito di formulare una seconda ipotesi in cui l’origine del patogeno viene collocata in Sud America intorno alle Ande, lì dove le patate venivanoaddomesticate e dove sono state effettuate le prime segnalazioni della malattia. Si pensa che P. infestans, inizialmente, fosse un parassita delle patate selvatiche e che in seguito cambiando ospite si diffuse nelle colture in Messico arrivando fino agli Stati Uniti e in seguito in Europa.
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Fonte: depositphotos.com

Cosa ci insegna la storia della peronospora?

Quel che è certo è che fare completamente affidamento su un’unica coltura per l’alimentazione di una grossa fetta della popolazione non sia stata una grande idea. Quel che è mancato agli irlandesi non è stato, però,  l’acume, piuttosto la necessità dettata dalle stringenti imposizioni del governo inglese. 

Al giorno d’oggi, la coltivazione di un’unica coltura per lunghi periodi sullo stesso terreno è fortemente sconsigliata proprio perché uno dei grandi problemi che potrebbero sorgere è quello di selezionare e avvantaggiare un determinato tipo di microrganismi nel terreno a scapito di altri. 

Il terreno è un elemento costituito da esseri viventi vivi in continua competizione o in armoniosa convivenza per la sopravvivenza. È naturale quindi desumere che, se questo equilibrio viene a mancare, si possano verificare dei gravi problemi con risvolti anche tragici.

Di Debora Soldato
@debora_rock.n.veg

Bibliografia:

  • G. Belli, Elementi di patologia vegetale, Piccin editore
  • Michael D. Martin, Filipe G. Vieira, Simon Y.W. Ho, Nathan Wales, Mikkel Schubert, Andaine Seguin-Orlando, Jean B. Ristaino, M. Thomas P. Gilbert (2015). Molecular Biology and Evolution, Volume 33, Issue 2, February 2016, Pages 478–491.
  • J. B. Ristaino (2002). Tracking historic migrations of the Irish potato famine pathogen, Phytophthora infestans, Department of Plant Pathology, North Carolina State University, Raleigh, NC 27695-7616, USA
  • Y. T. Hwang, C. Wijekoon, M. Kalischuk, D. Johnson, R. Howard, D. Prüfer & L. Kawchuk (2014). American Journal of Potato Research volume 91, pages579–593