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Mangiano plastica, producono idrogeno e molto di più

Alla scoperta dei microheroes

Alcuni di voi avranno letto il precedente articolo sull’affascinante mondo dei microheroes, microrganismi con dei veri e propri super-poteri che possono essere utili per le attività umane e l’ambiente.

Nel primo articolo abbiamo scoperto le sorprendenti capacità di alcuni di essi: riparare il cemento, restaurare opere d’arte e molto di più. In questo secondo articolo parleremo invece dei microheroes coinvolti nel biorisanamento, nella produzione di bioprodotti, nella degradazione della plastica e nella produzione di bioenergia.

MICROHEROES PER BONIFICARE I TERRENI 

Benché nocivi per piante e animali, molti composti organici come gli idrocarburi vengono usati da alcuni batteri come fonte di carbonio per crescere. Chiamiamo biorisanamento il processo che questi microrganismi attuano per bonificare i terreni o le acque inquinate: in questo caso, molto spesso, si parla di consorzi microbici poiché l’azione viene portata avanti da gruppi e non da una singola specie di microrganismi. Proprio come se fossero un piccolo consorzio, l’unione fa la forza!

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Foto di: Markus Spiske and Dylan De Jonge via Unsplash

Esistono differenti tipologie di biorisanamento:

  1. Biorisanamento ex situ: prevede la rimozione del materiale contaminato dal sito e il successivo trattamento biologico altrove. Può essere svolto in diversi modi:
    • Land farming: il terreno contaminato è rimosso e trasportato in altro luogo per essere sparso su un’ampia superficie e periodicamente rigirato finché non avviene la naturale degradazione dei composti organici.
    • Composting: il materiale contaminato viene combinato con materiale organico non inquinante, come letame o scarti agricoli, per favorire insieme lo sviluppo di ricche popolazioni microbiche.
    • Bioreattori: il materiale è trattato all’interno di contenitori chiusi e in ambiente ad elevato controllo. I bioreattori sono equipaggiati con sistemi di rimescolamento, somministrazione di nutrienti e di rilevamento di diversi parametri.
  2. Biorisanamento in situ: le aree inquinate non vengono rimosse ma vengono trattate direttamente nel luogo di origine. Anche in questo caso sono possibili diverse strategie:
    • Bioventing: il terreno viene rifornito di ossigeno e nutrienti, attivamente o passivamente, attraverso delle prese d’aria per creare un ambiente aerobico e stimolare la crescita dei microrganismi indigeni.
    • Biosparging: l’aria viene pompata ad alta pressione direttamente nella falda acquifera sottostante per aumentare anche in questo caso la concentrazione di ossigeno.
    • Biopiling: il terreno viene disposto in pile, facilitando la crescita microbica e quindi il processo di degradazione dei composti inquinanti, attraverso un sistema di irrigazione, nutrimento e aerazione controllata.
    • Bioaugmentation: il terreno viene additivato con colture microbiche indigene oppure provenienti da altri siti inquinati per velocizzare il processo.
    • Natural attenuation: Il terreno viene periodicamente monitorato ma si lascia che i microrganismi indigeni agiscano naturalmente senza ulteriori interventi.

MICROHEROES  PER PRODURRE BIOMATERIALI

Sempre più importanti dal punto di vista della sostenibilità e dell’inquinamento, i biomateriali sono uno degli aspetti più interessanti e studiati dalla chimica verde.

Fra i microheroes più interessanti ci sono i funghi, organismi eucarioti talmente antichi e diversi tra loro da meritarsi, dal punto di vista tassonomico, un intero Regno, a cui appartengono anche le muffe e i lieviti.

Un interessante esempio del loro impiego è quello dell’azienda americana Ecovative Design™, che ha fatto di questi organismi il proprio business di punta, cercando di creare un’alternativa più eco-friendly alla pelle, al polistirolo e alla carne.

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Foto di: Angelina Hoeppner via Unsplash

Quando pensiamo ai funghi di solito immaginiamo la classica struttura ad ombrello che osserviamo nei boschi. Quello che appare in superficie è in effetti una parte del fungo, chiamata corpo fruttifero, deputata alla riproduzione. Nel sottosuolo, invece, vi è presente il micelio che rappresenta la parte vegetativa ed è molto simile ad un apparato radicale formato da innumerevoli ife, che sono invece le strutture deputate a decomporre la materia per assorbire i nutrienti.

Il biomateriale ottenuto deriva dal micelio, la parte vegetativa del fungo, che, crescendo al di sopra di un substrato come ad esempio gli scarti agricoli, dà origine a una struttura filamentosa in grado di prendere la forma del contenitore in cui il substrato è posto.

I miceli vengono fatti crescere in vertical farm, ossia in vassoi impilati in scaffali e posizionati in stanze a temperatura e umidità controllata. Un esempio di ciò che si può realizzare con questi funghi è un prodotto per il packaging che viene realizzato circa 7-10 giorni dall’inizio della coltivazione.

L’azienda studia e adopera diverse specie in base alle proprietà del materiale e all’applicazione desiderata. Il vantaggio dell’utilizzo di questo biomateriale sta nella sostenibilità: il materiale, infatti, è totalmente biodegradabile e impiega per la propria crescita materiali di scarto.

MICROHEROES  PER  DEGRADARE LA PLASTICA

La raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti organici rappresentano un passo importantissimo per un futuro più sostenibile e circolare.

Tuttavia, per quanto si possa essere ligi e minuziosi nel separare i rifiuti, spesso per errore una piccola frazione di plastiche finisce tra i rifiuti organici.

Basti pensare alle etichette presenti sulla frutta oppure a materiali che appaiono biodegradabili ma in realtà  non lo sono. Seppure questi materiali rappresentino una piccola frazione della cosiddetta FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano), il loro accumulo altera il ciclo della raccolta dei rifiuti organici.

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Foto di: freestocks.org via Pexels

Per porre rimedio a questo problema, un team del dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell’Università di Milano-Bicocca ha avviato una campagna di raccolta fondi attraverso BiUniCrowd per il progetto Micro-Val (MICROrganismi per la VALorizzazione di rifiuti della plastica).

L’obiettivo del progetto è investigare la degradazione e la trasformazione della plastica presente appunto nella FORSU attraverso i batteri e le loro potenzialità industriali negli impianti di gestione dei rifiuti. Questo processo permetterebbe di risolvere sia il problema delle plastiche presenti nell’organico che non si riescono a eliminare efficacemente con i mezzi a disposizione e nemmeno a riciclare e a favorire il compostaggio dell’organico, ovvero la sua completa decomposizione.

Ma non solo! Il progetto ha in cantiere una applicazione per smartphone che ci aiuterà a fare la raccolta differenziata risolvendo i nostri dubbi con preziosi consigli in fase di separazione.

@microvalproject: per la stesura di questo testo ringraziamo Jessica Zampolli e tutto il laboratorio di microbiologia del dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell’Università di Milano – Bicocca per la revisione e la disponibilità.

MICROHEROES  PER PRODURRE ENERGIA RINNOVABILE

Sapevi che nel processo di degradazione dei composti organici alcuni batteri producono energia elettrica?

Si tratta sempre di una pila, ma in questo caso è definita a combustibile microbiologico (Microbial Fuel Cell – MFC). All’interno di una MFC il metabolismo microbico di speciali microrganismi favorisce la biotrasformazione di materiale organico in elettricità.

Come le classiche pile, la MFC è composta da due camere, anodo e catodo. All’anodo i microrganismi ossidano il substrato generando elettroni e protoni, che migrano attraverso un circuito esterno e una membrana speciale al catodo. Al catodo, in presenza di ossigeno, si ha acqua come scarto e produzione di elettricità.

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Foto di: CDC via Unsplash

I microrganismi che hanno questa capacità appartengono a generi di Clostridium, Geobacter, Shewanella e Pseudomonas e possono trasferire gli elettroni in due modi diversi:

  • trasferimento diretto di elettroni: attraverso i pili e le proteine redox attive;
  • trasferimento indiretto di elettroni: attraverso molecole intermedie ossidate e ridotte.


Benché la tecnologia mostri ancora parecchi limiti nelle applicazioni su larga scala, risulta interessante per
applicazioni come:

  • generazione di elettricità;
  • produzione di bioidrogeno (se al catodo evitiamo che ci sia ossigeno);
  • trattamento delle acque reflue.


Quest’ultima è la più studiata: l’energia chimica viene convertita direttamente in energia elettrica con solo una piccola perdita di energia rispetto ad altre tecnologie di trattamento delle acque reflue (
e.g. la digestione anaerobica). Nel processo di trattamento convenzionale l’energia dei composti organici viene convertita in molecole utilizzate come intermedi energetici (biogas e/o biometano), mentre nelle pile microbiologiche l’elettricità derivante dall’ossidazione dei substrati è direttamente recuperata e riutilizzata.

La principale limitazione nell’applicazione deriva dal costo che, per la sua installazione, sarebbe di ben 30 volte più alto rispetto ad un sistema tradizionale di digestione anaerobica.

QUANTE APPLICAZIONI PER I NOSTRI MICROHEROES!

Ha quasi dell’incredibile pensare come degli esseri così piccoli possano in realtà aiutarci a risolvere così tanti problemi: bonificare i terreni inquinati, produrre bioprodotti utili alla chimica verde, degradare la plastica e produrre energia rinnovabile. Rimane solo un’ultima riflessione sull’argomento: i microheroes sono proprio fighi e chissà in futuro quante ulteriori applicazioni avranno!