www.for-science.it

COSA RICORDI DI ME? LA DEMENZA DI ALZHEIMER

COS’È LA DEMENZA DI ALZHEIMER

Spesso con l’avanzare dell’età ci si possa imbattere nella difficoltà a svolgere delle semplici azioni o operazioni mentali che si fanno tutti i giorni, come ad esempio cucinare il pranzo o ricordarsi di andare ad un appuntamento.

Questo potrebbe essere uno dei tanti sintomi con cui la demenza può manifestarsi.
In particolare, una delle forme di demenza più comune è la demenza di Alzheimer.

L’Alzheimer è una malattia con un andamento cronico-progressivo che conduce ad un peggioramento continuo e interferisce con le attività di vita quotidiane.
Si presenta come un deterioramento demenziale ad esordio insidioso, ovvero risulta difficile individuare un momento preciso in cui la malattia si manifesta chiaramente.
Infatti, la diagnosi di Alzheimer può avvenire solo post mortem, mentre in vivo è necessario fare valutazioni a distanza di circa 6 mesi per considerare una diagnosi di Alzheimer possibile o probabile.

Cosa accade nel cervello?

L’Alzheimer colpisce la corteccia cerebrale creando dunque deficit nell’esecuzione delle funzioni superiori come la memoria e il linguaggio. In particolare, provoca una perdita di neuroni e atrofia cerebrale con perdita di volume dell’ippocampo, corteccia entorinale e amigdala.

I principali sospettati di questa perdita si ritengono essere le placche amiloidi e i grovigli neurofibrillari.

Le placche amiloidi sono dei depositi della proteina beta-amiloide che si accumulano tra gli spazi dei neuroni non permettendone il corretto funzionamento. I grovigli neurofibrillari sono dovuti ad ammassi di proteina tau e si concentrano all’interno dei neuroni stessi. La loro elevata concentrazione all’interno del cervello dunque potrebbe essere dannosa poichè impedisce ed ostacola l’azione e la sopravvivenza delle cellule nervose.

cervello forscience

Quali sono le funzioni colpite?

Tra le principali troviamo:

  • La memoria: i deficit di memoria possono riguardare eventi di vita quotidiana come il parcheggio dell’auto o il pasto del giorno, fino ad arrivare a situazioni che esulano dalla routine, come l’incontro con persone nuove. I pazienti con Alzheimer faticano ad apprendere nuove informazioni e possono manifestare deficit di memoria episodica e prospettica, ad esempio ricordarsi di pagare bollette o presentarsi ad appuntamenti.
  • Il linguaggio: i pazienti inizialmente potrebbero avere difficoltà nel trovare le parole e mostrare deficit di denominazione, come dire il nome di un farmaco o di una persona.
  • Le funzioni esecutive e visuo-spaziali: sono comuni le difficoltà nella programmazione delle sequenze di un’azione o l’incapacità nel vestirsi correttamente, abbinando il vestito alla relativa parte del corpo.


Inoltre, agli esordi della malattia si possono presentare disturbi del sonno come l’alterazione del ritmo sonno-veglia ma anche alterazioni del tono dell’umore fino a manifestare uno stato depressivo dovuto in parte alla frustrazione delle difficoltà riscontrate e in parte alla demenza stessa.

Anche la personalità non è sempre risparmiata: spesso possono evidenziarsi alcuni aspetti della personalità ad esempio se la persona era prima amante del collezionismo potrebbe collezionare oggetti in modo quasi ossessivo.

A livello comportamentale il paziente con malattia di Alzheimer può manifestare il fenomeno del wandering, ovvero vagabondare senza una meta a causa del disorientamento topografico e mostrare segni di aggressività o disordini del comportamento alimentare.

L’età, la storia familiare, il basso livello di scolarità e la presenza di malattie cardiovascolari o pregressi traumi cranici risultano essere tutti fattori di rischio.

alzheimer forscience

Come contrastare la malattia di Alzheimer?

Attualmente non c’è una cura, ma ci sono numerose sperimentazioni che cercano di fare chiarezza riguardo le cause del suo sviluppo e la possibilità di combatterlo. Nel campo farmacologico è stato visto come l’uso degli inibitori della colinesterasi abbiano apportato dei miglioramenti nel funzionamento cognitivo riducendone i sintomi. Tra i farmaci approvati vi sono la Rivastigmina, la Galantamina, la Tacrina e il Donepezil.

La Memantina è usata nei casi moderati-gravi e sembra ridurre la neurodegenerazione e la tossicità provocata dalle placche amiloidi dando benefici ai pazienti durante le loro attività quotidiane. E’ stato visto inoltre che anche gli antiossidanti come la vitamina E possono essere in grado di rallentare l’evoluzione della malattia.

Tuttavia, tutti i farmaci disponibili finora agiscono solo sui sintomi, il che significa che questi trattamenti sono spesso insoddisfacenti per una stabilizzazione della malattia dopo la diagnosi. Data la natura multifattoriale dell’Alzheimer non è facile quindi trovare una cura perfettamente adeguata ma si può rallentare il decorso tramite tecniche di stimolazione cognitiva che mirano a compensare le abilità perse e rinforzare le funzioni cognitive preservate.

Non dimentichiamoci che anche accogliere e condividere le emozioni e gli eventi di vita dei pazienti affetti da Alzheimer permette loro una continua inclusione sociale ed una migliore qualità di vita.

nonna nipote alzheimer forscience

Di Carla Silvestri

@neuromaps_ @proprioleiii

Bibliografia e riferimenti

Manuale di Neuropsicologia, Vallar, Papagno. Il Mulino, 2011 

DOS SANTOS, Picanco, et al. Alzheimer’s disease: a review from the pathophysiology to diagnosis, new perspectives for pharmacological treatment. Current medicinal chemistry, 2018, 25.26: 3141-3159.